“Vieni via, oh bambino umano verso le acque e la natura selvaggia con una fata, mano nella mano perché il mondo è più pieno di lacrime di quanto tu possa capire”
William Butler Yeats, “The stolen child”
Molte fiabe raccontano storie di bambini che vengono rapiti dalle fate e che li “sostituiti” con bambini affetti da strane malattie. La descrizione di questi piccoli “scambiati” è molto simile a quella dei bambini autistici.
Sebbene ora possiamo dire che non si tratti di una patologia ma di uno spettro di funzionamento atipico, in passato, quando un bambino nasceva sano – nell’accezione medica è un po’ antiquata del termine – e poi crescendo sviluppava un diverso funzionamento di qualche funzionalità, come ad esempio l’uso del linguaggio o disturbi del comportamento, la società attribuiva la causa di ad un rapimento delle fate ai danni dell’anima del piccolo.
Anima che veniva scambiata per quella di un loro simile. Insomma, una neurodivergenza fatata. I bambini scambiati venivano detti “changeling” e contribuivano, si pensa, ad incrementare la stirpe delle fate, nonché ad offrire a queste ultime il sangue umano necessario per aggiudicarsi un degno posto in paradiso.
Ho rappresentato fotograficamente questo mondo fatato, fatto da uno strano chiacchierio, da saltelli e particolari gesti col corpo e con le mani, un linguaggio apparentemente incomprensibile, dove gli occhi fissi puntano spesso verso una meta indefinita e dove lo sguardo si posa. “Cosa penserà mai?”. Un mondo dalle mura alte e forti. Se desideri scoprirlo devi chiedere un dolce permesso, guadagnare fiducia e entrare in punta di piedi nel “Regno delle Fate” facendolo un po’ tuo, lasciando fuori lo stupore tipico di quando una cosa ti sembra anomala, concediti anche la possibilità di non capirlo appieno. La realtà è molto più variegata di quello che i nostri occhi non fatati possono percepire, apriamoci a tutte le piccole e grandi unicità che la caratterizzano.
E ricorda: “In ogni viaggio, un nuovo paesaggio ti apre gli occhi e il cuore, per renderti migliore”.
FEDERICA DANZI
Classe 1987, vivo a Matera e sono un insegnante di sostegno. Nel tempo libero coltivo la mia più grande passione: la fotografia.
Nella vita mi sono sempre sentita come un pesce che vive in un po’ troppo acido, cerco spesso di sfuggire dal troppo rumore per trovare pace nella natura o nelle persone che amo. Ho una grande reattività emozionale agli eventi e anche a livello fisico le reazioni sono intense, infatti sono perennemente raffreddata. La passione per la fotografia è nata grazie a mia madre: lei fotografata costantemente la mia quotidianità. Ho colto questa sua sensibilità e l’ho resa mia. Le mie ispirazioni sono ovunque: in un mal di testa, un contrattempo, negli oggetti di vita quotidiana, nei film, negli edifici abbandonati, nella musica, nei libri per bambini ma soprattutto nei volti della gente che incontro per caso.