Inaugurazione: sabato 15 aprile, ore 18.30
Dove: Casa del Pittore, C.so Garibaldi 48 – MANTOVA
Apertura: fino al 30 aprile, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
1950 di Federica Danzi
Durante il periodo del lockdown, ho iniziato un racconto fotografico all’interno dei muri di casa mia: avevo sentito in me la necessità di interrogare il luogo in cui vivevo cercando di trarne in parte un ritratto di mia madre, facendomi ispirare da una delle sue canzoni preferite (1950 di Amedeo Minghi). Sono fotografie che evocano un destino ineluttabile, fatte quando la sua malattia la costringeva a letto. La realtà casalinga mi ha permesso di mettere pienamente a fuoco quello che è il nostro concetto di famiglia, inquadrandolo in una luce diversa, scoprendo sfumature inedite di me e dei miei familiari. Tra queste ci sono i fiori di cui mio padre riempiva la casa: «Ho capito che erano un simbolo della situazione: rappresentavano la felicità, l’amore, la gentilezza e la generosità ma anche la solitudine, la decadenza e, infine, la morte». Il mio era un continuo sussurrare al cielo e alle nuvole, ma anche alle pareti della sua stanza, cercando parole di conforto dinanzi a tale crudele ingiustizia e il tentativo di ritrovare la leggerezza nei legami autentici di una vita. È così che è nato questo lavoro, portato avanti dalla voglia di comprendere a pieno il legame con mia madre, sul non detto e sulla paura di affrontare i miei conflitti interiori circa la sua malattia e il tempo che le sarebbe rimasto. E’ stato un modo per rimanere unite, per alleviare il dolore e ripagarla in qualche modo per l’amore che mi ha donato.
Mi chiamo Federica Danzi, classe 1987, vivo a Matera e sono un insegnante di sostegno. Nel tempo libero coltivo la mia più grande passione: la fotografia.
Nella vita mi sono sempre sentita come un pesce che vive in un Ph troppo acido, cerco spesso di sfuggire dal troppo rumore per trovare pace nella natura o nelle persone che amo. Ho una grande reattività emozionale agli eventi e anche a livello fisico le reazioni sono intense, infatti sono perennemente raffreddata. La passione per la fotografia è nata grazie a mia madre: lei fotografata costantemente la mia quotidianità. Ho colto questa sua sensibilità e l’ho resa mia. Le mie ispirazioni sono ovunque: in un mal di testa, un contrattempo, negli oggetti di vita quotidiana, nei film, negli edifici abbandonati, nella musica, nei libri per bambini ma soprattutto nei volti della gente che incontro per caso.
Ri.corda di Chiara Innocenti
Questo è un racconto sul ricordo, sul desiderio di averne e sull’importanza di costruirne di nuovi. Nato con l’intento di capire perchè un luogo così bello ed incontaminato suscitasse in me sentimenti tanto contrastanti, si è sviluppato in una ricerca su mia madre e trasformato nel desiderio di trovarla là dove non avevo abbastanza memoria, in un rapporto mai esistito o talmente debole da averne perso il ricordo.
“Noto che è solo quando mia madre sta lavorando nei suoi fiori che è radiosa, quasi al punto da essere invisibile tranne che come creatore: mano ed occhio. E’ coinvolta nel lavoro che la sua anima deve avere. Ordinare l’universo a sua immagine della sua personale concezione della bellezza.” (A.Walker 1972, “ In search of our mothers’ gardens”)
Sono nata a Firenze il 13 dicembre 1976. Diplomata al liceo classico e laureata in scienze agrarie con indirizzo ornamentale. Vivo a Montiano, un piccolo paese nella campagna della maremma toscana ed ho un negozio di fiori.
Fin da bambina sono stata attratta dalla fotografia e dal teatro percepiti entrambi come mezzi per esprimere quello che sento in piena libertà. La vita mi ha portato però verso altre strade.
Nel 2019 frequento il primo corso di fotografia e da quel momento ha inizio un percorso di formazione con autori e professionisti del settore.
Tutto questo mi ha aiutato non solo a prendere consapevolezza di me stessa , ma soprattutto a capire l’importanza del linguaggio fotografico e la grande responsabilità che abbiamo tutte le volte che produciamo immagini. Il fermento di mostrare quello che percepisco è sempre più forte .